“400 cani e gatti morti per i botti di fine anno":… chi li ha contati alzi la mano!
Senza sede

Quanto c’è di vero nelle cifre diffuse il primo gennaio 2022 circa la morte di almeno 400 cani e gatti a causa dei botti? Ce ne parla Diana Lanciotti, giornalista esperta di comunicazione e fondatrice del Fondo Amici di Paco.
Il primo dell’anno l’agenzia di stampa Adnkronos e alcuni giornali hanno denunciato la “strage” di cani e di gatti in seguito ai botti nella notte di Capodanno: 400 morti accertati più quelli di cui ancora non era giunta notizia, centinaia i fuggiti.
Ecco la notizia:
Secondo i primi dati diffusi dall’Associazione Italiana Difesa Animali ed Ambiente, nella notte di san Silvestro sono almeno 400 tra cani e gatti morti e centinaia quelli scappati di cui non si conosce la sorte. “Si tratta di un dato peggiore rispetto a quello dello scorso anno – sottolinea Aidaa – Anche se – fanno sapere gli animalisti – si tratta di un dato provvisorio. Le regioni con il maggior numero di animali deceduti sarebbero la Calabria e la Sicilia, seguiti da Lombardia e Campania”.
Il tutto parte da un comunicato diramato da un’associazione nota non tanto per gli aiuti agli animali bisognosi, quanto per l’immane quantità di dati allarmistici con cui regolarmente inonda le redazioni dei giornali.
Ma vediamo di capire come è stato elaborato questo dato che, se vero, farebbe pensare, come qualcuno ha commentato, che il genere umano merita di estinguersi.
La notizia dei 400 cani e gatti morti nella notte di Capodanno viene messa in rete dal Messaggero alle 14.24 e da Adnkronos alle 14.39 del primo dell’anno. Allora: per redarre un comunicato, farlo avere alle redazioni, fare che queste lo leggano e imbastiscano un articolo qualche tempo ci passa. Vogliamo dire dalle 4 alle 5 ore, per essere ottimisti? Consideriamo poi che siamo al primo dell’anno, e le redazioni sono inevitabilmente sguarnite. Ma forse è proprio su questo che fa conto il nostro infaticabile diffusore di notizie, sollecito e solerte ad affermare, all’alba del 1° gennaio, che almeno 400 cani e gatti sono praticamente appena morti in tutta Italia e… siamo in attesa di dati più aggiornati. E che migliaia sono fuggiti, come titola il Messaggero. Che però, forse per un rigurgito di coscienza del redattore, nell’articolo ridimensiona il numero dei cani in fuga: da migliaia a “centinaia”:
Botti Capodanno, strage di animali: 400 fra cani e gatti morti, migliaia fuggiti. Bilancio peggiore rispetto al 2020
Notte di San Silvestro terribile per gli animali domestici, spaventati dal fragore dei botti: secondo i primi dati diffusi dall'Associazione Italiana Difesa Animali ed Ambiente nella notte di Capodanno sono almeno 400 tra cani e gatti morti e centinaia quelli scappati di cui non si conosce ancora la sorte. Molti di essi non torneranno più a casa, come insegna l'esperienza degli anni precedenti. Si tratta di un dato peggiore rispetto a quello dello scorso anno anche se, fanno sapere gli animalisti, è provvisorio. Le regioni con il maggior numero di animali deceduti sarebbero la Calabria e la Sicilia, seguiti da Lombardia e Campania.
Vien da chiedersi come possa il diffusore di notizie avere il polso della situazione in tempo reale, quando ancora gli echi dei botti non si sono spenti. Dobbiamo forse credere che avesse creato una linea diretta lungo tutta la penisola con i proprietari di cani e di gatti (!), i quali durante la notte l’hanno tenuto informato delle morti causate dai botti?
Ma vi sembra realmente possibile? Vi sembra serio dare ascolto a chi diffonde dati senza il minimo supporto di verità, per darli in pasto ai media ingordi di numeri che diano sostanza alla notizia?
È vero che da anni il Fondo Amici di Paco, che ho l’onore di avere fondato, promuove la campagna “Botti? No, grazie” per sensibilizzare l’opinione pubblica sui pericoli dei botti. È un dato di fatto incontrovertibile che lo scoppio di un botto sia traumatizzante se non dannoso per gli animali, ma da qui a confezionare numeri per fare scalpore ce ne passa.
Nel caso in questione, va ricordato che si tratta della stessa persona che nel 2019 ha diffuso la notizia che 700.000 cani vivono relegati sui balconi, e che 1.200 di questi sono morti per il caldo. C’è da chiedersi se sia andato a contarli uno a uno, aggirandosi per le città e i paesi, o se abbia creato una linea diretta, in questo caso con vicini spioni, oppure se abbia impiantato uno speciale sistema di monitoraggio, magari avvalendosi di supertecnologici droni che scovino a colpo sicuro il cagnolino segregato sul balcone. Ma non uno, o dieci, o cento: settecentomila!
Anni fa, uno dei grandi pubblicitari che hanno fatto la storia della pubblicità (un’arte oggi sempre più bistrattata da una generazione di pivellini che non hanno capito la grande responsabilità che un pubblicitario, così come il giornalista, ha nell’influenzare non solo e tanto i consumi quanto il pensiero e i comportamenti del pubblico), mi disse che i giornali sono dei grandi scatoloni da riempire. E, facendo la pubblicitaria e anche la giornalista, mi sono resa conto che aveva ragione. Quello che conta è con che cosa li riempi: se ci metti solo fuffa ti ritroverai con uno scatolone da buttare al primo cassonetto per non averlo tra i piedi. Se lo riempi di oggetti di valore, lo conserverai e ne avrai cura.
Credo che i buoni giornalisti e i buoni animalisti debbano combattere insieme questa cattiva abitudine di riempire i giornali di merce avariata, che finisce per fare danni all’immagine e alla credibilità del loro impegno.
Invece purtroppo la mentalità di alcuni colleghi giornalisti è orientata allo scoop, al numero roboante che dia spessore a una notizia che in realtà ne avrebbe meno di una carta velina. E più caricano di dati le notizie e più sono convinti di permearle di valore, anche se spesso si tratta di dati inverosimili e di notizie farlocche. Tanto chi controlla? Non di certo il pubblico, il più delle volte impreparato, non in grado di verificare la fondatezza di ciò che legge o ascolta, troppo spesso incline a bersele tutte, pensando che chi pubblica una notizia abbia provveduto a controllare le fonti.
Diana Lanciotti