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AL XXI FESTIVAL VERDI DANIELE GATTI DIRIGE LA MESSA DA REQUIEM

Parma - Teatro Regio
AL XXI FESTIVAL VERDI DANIELE GATTI DIRIGE LA MESSA DA REQUIEM

SUL PODIO DELL’ORCHESTRA SINFONICA NAZIONALE DELLA RAI E DEL CORO DEL TEATRO REGIO DI PARMA

Solisti il soprano Maria Agresta, il mezzosoprano Elīna Garanča, il tenore Antonio Poli, il basso John Relyea.

Maestro del coro Martino Faggiani

Teatro Regio di Parma

sabato 2 ottobre 2021, ore 20.00


 

La Messa da Requiem di Giuseppe Verdi, in programma sabato 2 ottobre 2021 al Teatro Regio di Parma, è anche quest’anno tra i grandi appuntamenti in programma nell’ambito del XXI Festival Verdi, che la dedica al compositore Sylvano Bussotti recentemente scomparso 


 

Daniele Gatti sarà il maestro direttore e concertatore sul podio dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai e del Coro del Teatro Regio di Parma preparato da Martino Faggiani Solisti il soprano Maria Agresta (per la prima volta al Teatro Regio e al Festival Verdi), il mezzosoprano Elīna Garanča (per la prima volta al Teatro Regio e al Festival Verdi), il tenore Antonio Poli, il basso John Relyea (per la prima volta al Teatro Regio e al Festival Verdi). La partitura è nell’edizione critica a cura di David Rosen (The University of Chicago Press, Chicago e Casa Ricordi, Milano).


 

Composizione sontuosa, monumentale, composta nel periodo di raccoglimento e di allontanamento dal genere operistico che seguì il successo di Aida, la Messa da Requiem nasce da un’occasione precisa: la scomparsa di Alessandro Manzoni, a cui l’opera è dedicata. A metà tra melodramma sacro e musica sacra propriamente detta, essa riflette la spiritualità del compositore e quella dialettica tra sacro e profano che emerge in tutta la sua opera, ma le cui convinzioni più intime restano un mistero.


 

“Per capire questo Verdi o, diciamo pure, tutto Verdi, bisogna analizzare il suo rapporto con il sacro – racconta Daniele Gatti. “Tutti sappiamo che l’uomo era anticlericale, ma forse non ateo, qui le testimonianze divergono. Ma il punto non è questo. La presenza della religione nella vita di Verdi fu costante. Da bambino, serviva messa; da ragazzo, suonava l’organo in chiesa. Una commistione di sacro e profano pervade tutta la sua opera. La riflessione sulla morte è particolarmente forte in un’opera come Don Carlos: Verdi si avvicinava alla sessantina, è naturale per ognuno di noi iniziare a riflettere sul dopo”.


 

Accostarsi alla Messa da Requiem è, come afferma Daniele Gatti, accostarsi a un “momento di spiritualità intensa”, sia per il pubblico, sia per chi lo esegue. “Quando affronti la Messa da Requiem senti che stai facendo qualcosa che va al di là di una prestazione artistica: senti che stai facendo un servizio. E allora mi auguro che il pubblico si faccia accompagnare da Verdi in questo viaggio alla ricerca del trascendente, si faccia portare al centro del mistero, fino alle soglie dell’incomprensibile. Poi quello che segue, le risposte che si danno, la scelta di credere o non credere, tutto questo è troppo personale e intimo, e deve restare nella coscienza di ciascuno. Ma la grandezza non solo artistica del capolavoro è che obbliga ognuno di noi a guardarsi dentro”.


 

AVVISI AL PUBBLICO


 

L’accesso in teatro è consentito esclusivamente agli spettatori muniti di Green pass, fatti salvi i soggetti di età inferiore ai 12 anni e quelli esenti sulla base di idonea certificazione medica che il personale di sala ha l’obbligo di verificare. Il pubblico è invitato a igienizzare le mani ai distributori presenti in teatro e a indossare correttamente la mascherina per tutta la durata dell’evento.


 

In ottemperanza alle vigenti normative sulla sicurezza, ciascun biglietto emesso è nominativo (non è consentita l’intestazione di più biglietti alla stessa persona) e può essere ceduto solo comunicando alla Biglietteria la variazione. Al momento dell’acquisto lo spettatore dovrà fornire un proprio recapito (telefono o e-mail). Tali dati saranno conservati sino ai 14 giorni successivi lo spettacolo. All’ingresso in teatro, il personale di sala ha l’obbligo di verificare, unitamente alla temperatura corporea, la corrispondenza dello spettatore con l’intestazione del biglietto.


 

L’ingresso in Teatro avviene secondo le seguenti modalità

- palchi (ingresso principale) e galleria (ingresso P.le Barezzi) da un’ora prima a 35 minuti prima dell’inizio dello spettacolo 

- platea da 30 a 5 minuti prima dell’inizio dello spettacolo


 

I palchi possono accogliere più di due persone, assicurando il distanziamento di un metro come da normative governative. I posti nei palchi sono differenziati per prezzo in relazione alla visibilità che, nei posti di secondo prezzo, non è pienamente garantita. Il pubblico è invitato a consultare il sito www.festivalverdi.it alla sezione Biglietteria ove saranno tempestivamente riportati eventuali aggiornamenti circa le modalità di accesso al Teatro.


 

PARTNER E SPONSOR 


 

La Stagione del Teatro Regio di Parma e il Festival Verdi 2021 sono realizzati grazie al contributo di Comune di Parma, Parma Capitale Italiana della Cultura 2021, Ministero della Cultura, Reggio Parma Festival, Regione Emilia-Romagna. Major partner Fondazione Cariparma. Main partners Chiesi, Crédit Agricole. Media partner Mediaset. Main sponsor Iren, Barilla, Parmacotto. Sponsor Opem, Dallara, Unione Parmense degli Industriali. Sostenitori Ares, Dulevo, Mutti, Sicim, Agugiaro&Figna, La Giovane, Parmalat, Grasselli, Glove ICT, Poliambulatori Dalla Rosa Prati, GHC Garofalo Health Care, Sarce, CePIM, Oinoe, Colser Aurora Domus. Legal counselling Villa&Partners. Con il supporto di “Parma, io ci sto!”. Advisor AGFM. Hospitality Partner Novotel. Con il contributo di Istituto Nazionale di Studi Verdiani, Opera Europa, Fondazione Monte Parma, Camera di Commercio di Parma, Ascom e Ascom Confcommercio Parma Fondazione. La Stagione Concertistica e AroundVerdi sono realizzati da Società dei Concerti di Parma, con il sostegno di Chiesi, in collaborazione con Casa della Musica. ParmaDanza è realizzata in collaborazione con ATER Associazione Teatrale dell’Emilia-Romagna e Arci Caos. Il Concorso Voci Verdiane è realizzato in collaborazione con Comune di Busseto, Concorso Internazionale Voci Verdiane Città di Busseto, Verdi l’Italiano. Partner istituzionali La Toscanini, Teatro Comunale di Bologna. Partner artistici Coro del Teatro Regio di Parma, Società dei Concerti di Parma, Conservatorio “Arrigo Boito” di Parma, Barezzi Festival. Tour operator partner Parma Incoming. Radio Ufficiale Radio Monte Carlo. Sostenitori tecnici Graphital, Codarini Tuega, Cavalca, IgpDecaux, MacroCoop, Milosped, Andromeda’s, De Simoni, Azzali editori, Doyle. Digital counselling Unsocials. La promozione internazionale del Festival Verdi 2021 è realizzata dal Teatro Regio di Parma in collaborazione con Italia – Italian national tourist board, Istituti italiani di cultura, Destinazione Emilia, Assessorato alla Cultura della Regione Emilia-Romagna, Emilia-Romagna APT Servizi, Assessorato al Turismo e Commercio del Comune di Parma. L’immagine esclusiva del Festival è il ritratto di Giuseppe Verdi realizzato a matita da Renato Guttuso negli anni ’60, donato al Teatro Regio di Parma dall’Archivio storico Bocchi e concesso da Fabio Carapezza Guttuso ©Renato Guttuso by SIAE 2021.


 

BIGLIETTERIA DEL TEATRO REGIO DI PARMA 


 

Strada Giuseppe Garibaldi, 16/A 43121 Parma Tel. +39 0521 203999 biglietteria@teatroregioparma.it 

ORARI DI APERTURA dal martedì al sabato ore 11.00-13.00 e 17.00-19.00.

Il pagamento presso la Biglietteria del Teatro Regio di Parma può essere effettuato con denaro contante in Euro, con assegno circolare non trasferibile intestato a Fondazione Teatro Regio di Parma, con PagoBancomat, con carte di credito Visa, Cartasi, Diners, Mastercard, American Express. È inoltre possibile utilizzare i voucher di rimborso ricevuti a fronte degli spettacoli annullati per l’emergenza sanitaria. I biglietti sono disponibili anche su festivalverdi.it. L’acquisto online non comporta alcuna commissione di servizio.



 

Teatro Regio di Parma

sabato 2 ottobre 2021, ore 20.00


 

In memoria di Sylvano Bussotti


 

Durata complessiva 1 ora e 30 minuti, senza intervallo


 

MESSA DA REQUIEM


 

Per coro, voci soliste e orchestra

Musica GIUSEPPE VERDI


 

Edizione critica a cura di David Rosen

The University of Chicago Press, Chicago e Casa Ricordi, Milano


 

Direttore DANIELE GATTI


 

Soprano MARIA AGRESTA

Mezzosoprano ELINA GARANCA

Tenore ANTONIO POLI

Basso JOHN RELYEA


 

ORCHESTRA SINFONICA NAZIONALE DELLA RAI


 

CORO DEL TEATRO REGIO DI PARMA

Maestro del coro Martino Faggiani


 

Requiem e Kyrie, a quattro voci soliste e coro 

Dies irae, a quattro voci soliste e coro 

Dies irae, coro 

Tuba mirum, coro 

Mors stupebit, basso 

Liber scriptus, a una voce solista (mezzosoprano) 

Quid sum miser, a tre voci soliste (soprano, mezzosoprano, tenore) 

Rex tremendae, a quattro voci soliste e coro 

Recordare, a due voci soliste (soprano e mezzosoprano) 

Ingemisco, a una voce solista (tenore) 

Lacrymosa, a una voce solista (basso) 

Offertorio, a quattro voci soliste 

Sanctus, fuga a due cori 

Agnus Dei, a due voci soliste (soprano, mezzosoprano) e coro 

Lux aeterna, tre voci soliste (mezzosoprano, tenore, basso) 

Libera me, Domine, solo per soprano, cori e fuga finale


 

 

VERDI CI METTE DAVANTI AL MISTERO


 

Conversazione con Daniele Gatti a cura di Alberto Mattioli


 

Ma come si fa a parlare della Messa da Requiem? L’immensità musicale e spirituale del capolavoro rende difficile tradurlo in parole. Anzi, impossibile. Maestro Daniele Gatti, proviamoci comunque. Intanto, la vecchia questione che forse non ha più nemmeno ragione di porsi: è un melodramma, sia pure di soggetto sacro, o è musica sacra tout court?


 

“Di certo, la struttura è particolarissima. Il “Lacrymosa” suona come un concertato operistico e in effetti sappiamo che come tale viene concepito, per il Don Carlos. Ma partiamo da un altro aspetto, non troppo considerato nelle analisi dell’opera. Alcune parti sono scritte in terza persona, altre in prima. Il passaggio dalla terza alla prima persona inizia con il trio “Quid sum miser tunc dicturus”, quando il rapporto con la morte e con il trascendente diventa più intimo e più diretto, come se stesse parlando e meditando ognuno di noi. C’è un passaggio, una sorta di viaggio. Prima, il momento misterioso della morte viene descritto, non vissuto. Poi, diventa una questione individuale: eccomi, Signore, sono qui, davanti a Te, davanti al mistero. Ovviamente, poi, le risposte divergono a seconda delle convinzioni di ciascuno”.


 

Cambia anche la musica?


 

“Direi di sì: il canto in prima persona, chiamiamolo così, diventa più intimo ed espressivo. Tornando alla domanda precedente: no, la Messa da Requiem non è un’opera lirica di soggetto sacro. E tuttavia, se leggiamo la partitura, ci sono soltanto due fughe, questa forma suprema della musica sacra, anzi di tutta la musica. Una è il “Sanctus”, per doppio coro, e l’altra il “Libera me”, che però è una fuga atipica, costruita in maniera del tutto particolare. Per capire questo Verdi o, diciamo pure, tutto Verdi, bisogna analizzare il suo rapporto con il sacro. Tutti sappiamo che l’uomo era anticlericale, ma forse non ateo, qui le testimonianze divergono. Ma il punto non è questo. La presenza della religione nella vita di Verdi fu costante. Da bambino, serviva messa; da ragazzo, suonava l’organo in chiesa. Una commistione di sacro e profano pervade tutta la sua opera. La riflessione sulla morte è particolarmente forte in un’opera come Don Carlos: Verdi si avvicinava alla sessantina, è naturale per ognuno di noi iniziare a riflettere sul “dopo”.


 

Spesso infatti il sacro è presente nel teatro di Verdi, sia pure così umano e profano.


 

“Infatti. Ed è curioso notare come gli incipit “religiosi” di Verdi abbiano sempre qualcosa di arcaico, siano espressi in un linguaggio volutamente semplice. Penso alla contrapposizione fra il coro angelico e quello demoniaco in un’opera giovanile come Giovanna d’Arco, che sto ristudiando proprio in questo periodo. Oppure, molti anni dopo, quando il linguaggio di Verdi si è assai evoluto, la semplice, arcaica efficacia della Voce dal cielo che risuona al termine della scena dell’Autodafé del Don Carlos”.


 

Eppure la Messa ha la sua “tinta” musicale, per usare un’espressione cara a Verdi.


 

“Sì, qui Verdi riesce a inventare un “colore” sacro, proprio per questo unicum della sua carriera. Poco importa che il “Dies irae” ritorni poi in teatro, per la precisione nella tempesta di Otello. L’opera sacra finisce con una liberazione: la Messa termina con un do maggiore a piena orchestra. È una scelta interessante, la tonalità di una trasfigurazione poetica e filosofica. Qui riemerge l’educazione cristiana di Verdi, che è poi l’educazione cattolica tradizionale della società italiana, il famoso “non possiamo non dirci cristiani” di Croce. C’è l’idea che il dolore della morte sia seguito dal premio della resurrezione: è un’idea forse naïf per chi non crede; per chi crede, assolutamente no”.


 

In effetti, in molte occasioni Verdi si interroga sul mistero della morte.


 

“C’è una lettera famosa alla sua amica contessa Maffei in cui Verdi spiega che in fin dei conti la vita non è altro che l’attesa della morte. Non possiamo entrare nell’anima di Verdi e nelle sue più intime convinzioni. Penso però che l’educazione che aveva ricevuto gli facesse almeno considerare, se proprio non lo portasse a crederlo, che la morte sia una porta che si apre e non una che si chiude. È un’idea nella quale siamo cresciuti, magari ci crediamo ancora e non credo che per questo siamo da considerare più ingenui o meno colti”.


 

C’è poi l’occasione “pratica” che fa nascere la Messa: la scomparsa di Alessandro Manzoni, uno dei due uomini, l’altro è Camillo di Cavour, davanti ai quali Verdi si sente piccolo.


 

“Certamente, anche se come sappiamo il “Libera me” esisteva già, unico brano composto da Verdi per il progetto, poi non andato in porto, della Messa per Rossini. Sappiamo che Verdi leggeva e rileggeva I promessi sposi. È stato spesso sottolineato come il grande romanzo sia in qualche modo un’opera verdiana, con Renzo e Lucia come tenore e soprano che si amano ma non riescono a riunirsi e Don Rodrigo perfetto nei panni del baritono vilain. Ma I promessi sposi sono anche una via crucis, un percorso nel dolore e nella sofferenza che si conclude con la redenzione e non esclude anche la conversione, come quella dell’Innominato folgorato sulla via di Damasco. Un percorso che è simile a quello della Messa da Requiem, un viaggio nel dolore e nella morte che si conclude con la giustizia che viene fatta, la giustizia vera, quella di Dio, non quella degli uomini”.


 

Un consiglio al pubblico su come porsi davanti a questo capolavoro inclassificabile.


 

“Credo che l’atteggiamento giusto sia considerare la Messa da Requiem per quello che è: un grande messaggio spirituale. Per noi, che abbiamo il privilegio doloroso di eseguirla, è un momento di spiritualità intensa, che nasce dall’incontro fra queste parole sacre, terribili nella loro assoluta semplicità, come quelle dei Vangeli, e la musica di Verdi. Quando affronti la Messa da Requiem senti che stai facendo qualcosa che va al di là di una prestazione artistica: senti che stai facendo un servizio. E allora mi auguro che il pubblico si faccia accompagnare da Verdi in questo viaggio alla ricerca del trascendente, si faccia portare al centro del mistero, fino alle soglie dell’incomprensibile. Poi quello che segue, le risposte che si danno, la scelta di credere o non credere, tutto questo è troppo personale e intimo, e deve restare nella coscienza di ciascuno. Ma la grandezza non solo artistica del capolavoro è che obbliga ognuno di noi a guardarsi dentro”.


 

DIALOGO FRA MANZONI E VERDI APPENA ARRIVATO NELL’ALDILÀ


 

Giuseppe Martini


 

«Vedete, Verdi, è successo anche a me. Chi diceva che ho ecceduto con le descrizioni, e chi diceva che ero un descrittore perfetto. Chi sosteneva che ero un seguace dello Scott, e chi che me ne distaccavo. Delle umane debolezze fa parte anche questa smania di trovare i difetti altrui, perché dà illusione di aggiungere meriti a sé stessi. C’è che, quando si vive, si è troppo immersi nel proprio presente, e ve lo dico perché tutti siamo stati convinti che un giudizio fosse sbagliato solo perché non corrispondeva a ciò che credevamo di avere fatto, senza accorgerci che ciò che credevamo di aver fatto era sovente solo una nostra illusione. Detto questo, mi consolerei nel pensare a tutte le persone a cui la vostra Messa non è sembrata certo religione fatta teatro, come dicono certuni, ma espressione dello spirito più puro. Io sono fra questi, non ho da ripetervelo. E me ne compiacqui, se in questo luogo è mai possibile compiacersi, e ve ne sono grato fino a umiliarmi, e lo sarò, capirete, per l’eternità. E come me, ne sono convinto, tanti altri. Ma credetemi, laggiù il tempo è galantuomo. Voi che mi aveste detto di avere a memoria il mio modesto romanzo, ricorderete quel che dice il podestà alla tavola di don Rodrigo: che sarebbe voluto rinascere da lì a duecento anni, per sentire cosa diranno i posteri. E aggiunge: altro che invidia, testa ci vuole. Sapete qual è il punto che mi ha fatto più commuovere della vostra Messa?»


 

«Santo Maestro, che ci sia anche una sola nota che vi abbia fatto commuovere della Messa che ho scritto per voi, mi ripaga di ogni amarezza e di ogni critica»


 

«No no, Verdi. Calma. Santo, no. Si poteva scherzare quando si era vivi… Qua, capirete…»


 

«Le mie scuse. Sono nuovo qui, devo abituarmi. Ma vi prego. Se non casco in un altro peccato anche stavolta, ammetto che sono curioso»


 

«Vi dico prima che l’Offertorio mi è piaciuto tutto moltissimo. Non ci crederete, ma più del Dies iræ. Intendo: tutta la Messa è sublime. È inutile che vi dica che non mi sento di meritare un dono simile. Il Dies iræ è tremendo, potente, e credo che sarà un pezzo destinato a grande futuro. Voglio dire, una di quelle cose che ha tutto per diventare l’inizio di un genere. Ma l’Offertorio racconta lo sgomento, non so se mi spiego, perché tutti a pensare a quella cosa abbiamo avuto sgomento, anche io che qualche certezza più di voi l’ho sempre avuta, ne abbiamo già parlato. Quando attacca il Requiem æternam, se non avessi avuto quelle certezze, mi sarei angosciato senza fine. E subito dopo, con quella ventata degli archi, che non sai se struggerti o incupire… È una cosa, mio caro Verdi, che supera tutte le opere che avete fatto, spero non vi offendiate. Ma l’Offertorio, dicevo. È così diverso dalla Sequenza. Forse non dovreste risentirvi, ma nella Sequenza un po’ di teatro c’è, sapete? È la vostra idea che la realtà va rappresentata in un modo più risaltante, per poterla vedere nella sua essenza, altrimenti diventa una fotografia e basta. C’è uno stacco potente tra Tuba mirum e Mors stupebit. Voi, Verdi, con questa Messa avete dimostrato lo spavento del silenzio, sapete? Ma sto parlando solo io, scusate»


 

«E io cosa potrei dire? Io so solo parlare con la musica, e quello l’ho già fatto»


 

«Quid sum miser… Aiutatemi se la memoria mi viene meno. Recordare. Ingemisco… Che male c’è a dire che hanno sapore di teatro? La vita, caro Verdi, è teatro. Che banalità sto dicendo… Ma perché avete rifatto il Liber scriptus? Non vi piaceva?»


 

«Per la Waldmann. Una volta tanto che avevo una cantante…»


 

«Chi è questa Waldmann?»


 

«Una cantante austriaca, ma si è sposata con un duca di Ferrara e ha smesso. Ha fatto la prima Aida a Milano, era l’Amneris, e quasi tutte le prime uscite della Messa. Gran donna, elegante, e buona. Aveva la voce giusta per fare del Liber un pezzo un po’ più inesorabile, che staccasse meno da Mors stupebit tenendo la stessa tonalità»


 



 

«Bello. Cose da musicisti. Con dentro dei pezzi di Dies iræ, se non ricordo male»


 

«Ecco, qui sì che vorrei dire una cosa, Manzoni. Che quando penso all’inizio del vostro immenso romanzo, con quello sguardo a volo d’uccello che si avvicina sempre di più, sempre di più, e da tutto il paesaggio abbracciato in uno sguardo finisce per arrivare su Don Abbondio, credo di aver fatto una cosa simile, però diversa. Nel mio piccolo, è chiaro. Cioè, ho fatto come se ci fosse uno sguardo che si sposta da una situazione all’altra, in modo che chi ascolta abbia la stessa sensazione. Questi pezzi di Dies iræ li ho messi per staccare lo sguardo dal dramma della persona che prega, che è quella che canta nel Liber scriptus, o nel Recordare, e viene portato sulla voce della sentenza divina, che torna implacabile come una minaccia. Sempre che vi sia riuscito, s’intende…»


 

«Verdi, Verdi, sapete che ci siete riuscito… Ma dite: quello sgomento di cui vi parlavo… È più vostro che mio, non è vero?»


 

«Voi mi avete detto poc’anzi che è di tutti»


 

«Forse… Forse. Mi state dicendo che la fede non basta»


 

«La fede basta a chi ce l’ha»


 

«Allora quella domanda finale della vostra Messa. Libera me… È una supplica, direte, ma a me pare una domanda. È la domanda di chi non ha fede, allora?»

«Non lo so. Non necessariamente. Ognuno ci sente quel che vuole»


 

«E voi, Verdi, cosa ci sentite?»


 

«L’ho detto in musica, purtroppo non sono così bravo a dirlo a parole. Ma ditemi quel punto che vi aveva così commosso?»


 

«Ah Verdi, come siete bravo a svicolare… Non ci crederete, lo so, ma mi sono commosso quando ho ascoltato Quam olim Abrahæ. E voi non vi immaginerete mai perché… Scusate se sorrido… È perché mi ha fatto venire in mente Brusuglio!...»


 

«Vi ha fatto venire in mente Brusuglio??»


 

«Sì, davvero. Non mi chiedete il perché, voi stesso mi avete detto che certe cose si possono dire solo in musica. Non so. Forse la quiete della mia villa a Brusuglio per me era una liberazione. “Libera eas de ore leonis, ne absorbeat eas tartarus, ne cadant in obscurum…”. Vedete, Verdi, come avete ragione: inferno e paradiso possono essere anche in terra»


 

«E noi non possiamo farci nulla»


 

«Non credo. Non credo. Ognuno di noi ha una responsabilità. Ma vi faccio una domanda, Verdi. Mi risponderete sinceramente?»


 

«Non potrei mai non essere sincero con voi»


 

«Guardatevi intorno… Ve lo aspettavate così?»


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Teatro Regio
Pubblicato il 28/09/2021

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