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Emergenza cinghiali. Riflessioni e soluzioni

Senza sede
Emergenza cinghiali. Riflessioni e soluzioni

La presenza sempre più diffusa di cinghiali nei centri abitati sta assumendo livelli preoccupanti. Ce ne parla la fondatrice del Fondo Amici di Paco, associazione nazionale per la tutela degli animali, con l’abituale approccio equilibrato e lontano da qualunque fanatismo animalista o antianimalista. E con la campagna “Non trattateci da cani” suggerisce i comportamenti più consoni da osservare, per la loro e la nostra sicurezza, al cospetto di animali che sono e restano selvatici.

Emergenza cinghiali? Non trattiamoli da cani.
Le riflessioni di Diana Lanciotti e la campagna del Fondo Amici di Paco

La presenza sempre più diffusa di cinghiali nei centri abitati sta assumendo livelli preoccupanti. Ce ne parla la fondatrice del Fondo Amici di Paco, associazione nazionale per la tutela degli animali, con l’abituale approccio equilibrato e lontano da qualunque fanatismo animalista o antianimalista. E con la campagna “Non trattateci da cani” suggerisce i comportamenti più consoni da osservare, per la loro e la nostra sicurezza, al cospetto di animali che sono e restano selvatici.

Tra le tante emergenze che attanagliano la nostra amata Italia, alcune gonfiate mediaticamente e politicamente come quella degli orsi del Trentino, che alla fine non è una vera emergenza ma solo la sconfitta del buon senso, ogni tanto torna ad affacciarsi l’emergenza cinghiali.
Che si tratti di un problema è innegabile. Che ormai non riguarda più solo l’agricoltura, e che finché era relegato ai campi non ci colpiva più di tanto, ma coinvolge i centri abitati e quindi territori densamente popolati. Con pesanti ripercussioni nell’ambito sanitario e della sicurezza.
Da varie zone d’Italia (mi riferisco alle città) sento raccontare aneddoti relativi a incontri con i cinghiali. Persino nel tanto decantato Parco Nazionale d’Abruzzo, mi segnalano, la situazione non è così rosea come ci raccontano: l’aumento incontrollato di cinghiali li ha portati a salire in quota, dove hanno “stanato” orsi e lupi che, privati delle risorse per sopravvivere, le vanno a cercare in bassa quota avvicinandosi (addirittura intrufolandosi) alle case.
Nella zona dove abito, in Sardegna, i cinghiali si sono moltiplicati negli ultimi anni in modo impressionante. Te li ritrovi dappertutto, ti vengono incontro, ti attorniano, si affacciano alla porta di casa. Dei cani non hanno paura. Dell’uomo men che meno, perché ormai associano l’uomo al cibo. Non nel senso che lo considerano buono da mangiare, ma dispensatore di cibo. Di me hanno paura, perché invece di allungargli un boccone come purtroppo fanno in tanti, inteneriti da quei musetti a fetta di salame, gli faccio un urlo, batto le mani, i piedi e, se non basta, li inseguo per qualche metro facendo dei versacci che, se qualcuno mi vedesse o sentisse, mi prenderebbe per matta. Anch’io un tempo mi intenerivo davanti a quei musetti e confesso che le prime volte che venivo in Sardegna (parliamo di oltre 30 anni fa) qualche pezzetto di pane gliel’ho allungato. Sono così carini… e quando ti fissano con quegli occhioni languidi e fanno roteare le codine avviticciate è difficile non considerarli dei cagnolini.
Ma… i cinghiali non sono cani. L’ho imparato quasi subito, vedendo come questa loro “socievolezza” verso noi umani li metta in pericolo (qualcuno li attira per poi ucciderli e servirli in tavola) e metta in pericolo noi e i nostri cani. Soprattutto quando hanno i cuccioli, le mamme cinghiale vanno in protezione e diventano più aggressive.

Nessun dubbio sul fatto che io voglia difenderli da chi vuole sterminarli per eliminare il problema: basta leggere uno dei primi capitoli de La vendetta dei broccoli in cui descrivo la caccia al cinghiale per capire come la penso. Però che siano diventati troppi è una verità ormai inconfutabile.
Come scrivevo l’anno scorso (v. https://www.dianalanciotti.it/emergenza-cinghiali-a-costa-paradiso/)

pur amando gli animali e difendendoli, non condivido l’atteggiamento di taluni “animalisti” che antepongono i diritti degli animali a quelli degli esseri umani. Non c’è nulla da anteporre o posporre, ma c’è da prendere atto con realismo che, in veste di garanti e responsabili del Creato, siamo tenuti, sì, a tutelare gli animali ma dobbiamo tutelare anche noi stessi, in quanto parte dello stesso Creato.
 Non è questione di ammazzare degli esseri viventi, ma neppure di accettare di vivere con la guardia sempre alzata.
 Esistono soluzioni non cruente, come il prelievo e lo spostamento in zone lontane dai centri abitati e la sterilizzazione chimica. Non sta a me indicarle, perché di certo gli esperti ne sono a conoscenza. Ci vuole solo la volontà di risolvere un problema che, se affrontato quattro anni fa, forse adesso non sarebbe ancora qua a intrattenerci. Oltretutto, se non si prendono provvedimenti, arriverà qualcuno che penserà di sostituirsi agli enti preposti e… farsi giustizia da solo. E sappiamo bene che cosa significa (…)
La rassicurazione circa la non pericolosità dei cinghiali, vera in linea di principio e in un contesto naturale, mostra il suo lato debole alla prova dei fatti, in una situazione che di naturale ha ben poco: dove cioè c’è un insediamento umano importante, dove non ci sono in parte o del tutto le recinzioni, e dove purtroppo molti non hanno ancora capito che il cinghiale è bello e bravo ma va trattato da animale selvatico, senza illudersi di poterne fare un cagnolino docile a cui dar da mangiare tutti i giorni come si fa con i nostri Fuffy e Romeo.

Anni fa partecipai a una riunione con amministratori locali, cacciatori e un funzionario del Servizio faunistico della Provincia di Olbia-Tempio il quale, alle rimostranze del sindaco che parlò di “estirpare” i cinghiali, rispose che siamo noi che abitiamo in casa dei cinghiali, che loro sono qua da prima di noi, quindi dobbiamo rispettarli. Tutto giusto salvo che… i cinghiali siano qua da prima di noi.
Dove vivo, i cinghiali non c’erano. C’erano solo le capre, che brucavano i cespugli cresciuti in mezzo alle rocce. I cinghiali vennero portati a fine anni ’60 dal lottizzatore, per fare un po’ di “colore” e attirare i turisti. Così rinchiusero alcuni cinghiali in un recinto e tutti si divertivano a portargli da mangiare. Allora vedere un cinghiale era molto raro e per chi veniva dalla città poterlo avvicinare aveva il sapore di un tuffo nella natura selvaggia. Dopo qualche tempo, ormai avvezzi all’uomo, i cinghiali furono liberati e iniziarono a popolare il territorio. Ma non è finita: per accontentare i cacciatori furono importati dalla Toscana esemplari di cinghiali maremmani, molto più grossi, prolifici e coraggiosi del timido e più piccolo cinghiale sardo.
Da lì in poi la situazione è sfuggita al controllo: anziché una cucciolata di 3-4 cinghialini, i nuovi cinghiali, ibridati con i maremmani, ora sfornano due cucciolate l’anno di 6-8 se non 10 cuccioli. Te li vedi attraversare la strada in fila indiana e resti incantato a osservare questi robini grandi come un gattino correre frenetici dietro mamma cinghiala… finché non ti ricordi che quei graziosi cuccioletti poi diventano bestioni e per tanto che qualcuno li consideri o li tratti come animali domestici sono pur sempre selvatici.

Sto dando ragione a chi dice di “estirparli” o procedere a un abbattimento massivo? O a chi auspica un’estensione della stagione di caccia, quando è provato che la caccia non risolve ma anzi esaspera il problema? Associazioni come il WWF e altre che da anni affrontano il problema del contenimento dei cinghiali hanno infatti dimostrato che più abbattimenti e pressione sulla popolazione adulta si esercitano, più e più in fretta i cinghiali rimanenti si riproducono. È l’istinto di sopravivenza della specie che si difende da una temuta estinzione.
No, non sto dando ragione a chi si lascia trasportare dall’isteria, dall’illogicità, dalla contiguità con le lobby venatorie per ragioni di affinità o di calcolo politico. Sto semplicemente cercando di dare ragione… alla ragione. Alla razionalità che non dovrebbe mai mancare quando si affrontano situazioni in cui ci sono di mezzo delle vite. Umane o non umane non fa differenza.
Come ho già scritto a proposito della questione degli orsi trentini, la ragione non sta mai da una sola parte. E non serve a niente schierarsi come tanti tifosi allo stadio. La questione non è “O noi o i cinghiali”, così come non è “O noi o gli orsi”. La questione è, semmai, come evitare che la convivenza con gli animali selvatici diventi pericolosa per noi, ma anche per loro.
Sugli orsi mi sono già pronunciata. Le soluzioni, che competono ovviamente alle istituzioni, sono diverse: dalla sterilizzazione chimica, al trasferimento in aree diverse e non densamente popolate, al monitoraggio costante, alla creazione di corridoi faunistici per consentire loro di sparpagliarsi su un territorio più ampio, alla dissuasione con strumenti idonei, tra i quali isole ecologiche antintrusione.

Per quanto riguarda noi cittadini, nei riguardi degli orsi non possiamo fare granché. Invece nei riguardi dei cinghiali possiamo.
Ad esempio, non dando loro da mangiare ed evitando che trovino cibo a portata di… zampa. Evitare di considerarli e trattarli come graziosi cagnolini, ma tenerli lontani dalle nostre case. Ricordando sempre che come tutti gli animali selvatici sono portatori di ectoparassiti (come le zecche) e di endoparassiti, che disseminano in giro attraverso le loro feci.
Non dobbiamo temere che da soli non riescano a trovare di che sfamarsi: un animale selvatico sa sempre cavarsela. Non se la cava, invece, se noi lo rendiamo semidomestico e lo facciamo diventare dipendente dalle risorse che gli mettiamo a disposizione. Si tratta di rispettare la natura e non volerne sempre sovvertire le regole con la presunzione e l’arroganza tipicamente umane.
Da parte mia, con la campagna “Non trattateci da cani” mi sono posta l’obiettivo di informare sul pericolo di somministrare cibo agli animali selvatici, che oltretutto è un reato. Il foraggiamento dei cinghiali è infatti punito con l’arresto da due a sei mesi o con l’ammenda da 516 a 2.065 euro (art.7 Legge di Stabilità 28 dic. 2015). Con queste misure dissuasive la legge intende impedire che gli animali selvatici vengano nutriti con cibo non idoneo, che potrebbe nuocere alla loro salute, e che abbandonino il loro habitat per cercare più facili fonti artificiali di nutrimento.
Evitiamo perciò di renderli “confidenti” (termine che abbiamo imparato a proposito degli orsi) nei nostri riguardi. Nutrirli li rende semidomestici, li spinge ad avvicinarsi alle case e alle persone considerandole fonte di cibo.
Se amiamo gli animali e abbiamo a cuore la loro e la nostra sicurezza, non trattiamo i cinghiali come dei cagnolini ma lasciamoli vivere nella dimensione selvatica che la natura ha voluto per loro.

Diana Lanciotti

fondatrice e presidente onorario Fondo Amici di Paco
Associazione nazionale per la tutela degli animali ODV

Senza sede
Pubblicato il 27/05/2024

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