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Vespri di grande classe a Bologna, e sicilianissimi grazie a Emma Dante (e Verdi!)

Bologna
Vespri di grande classe a Bologna, e sicilianissimi grazie a Emma Dante (e Verdi!)

A cura di Sergio Bevilacqua, sociologo dell'Arte

VERI VESPRI, E PROPRIO SICILIANI, QUELLI DI EMMA DANTE.

I Vespri siciliani di Verdi al Comunale nouveau di Bologna.

DI Sergio Bevilacqua

Il sovrintendente Macciardi spiega nella hall del teatro in cui sono ricoverate lestrutture del bel Comunale di Piazza… Verdi, lupus in fabula, in corso diristrutturazione, I Vespri siciliani in cartellone. Si dilunga amabilmente in aneddoticuriosi, che colgono un segno in particolare: la cifra del grande orgoglio culturale eprofessionale di Emma Dante, attrazione certa della rappresentazione. Occasioneidentitaria per lei, quanto l’altra opera siciliana per antonomasia la Cavalleriarusticana del livornese Mascagni, altro “furasteri” come Verdi affascinato dallacultura siciliana, di cui l’interpretazione dantiana è già pietra miliare. Emma mostraqui, ne I Vespri, crudo evento di una Sicilia post-federiciana (siamo alla fine del XIIIsecolo), la sua innegabile magistralità nel dirigere le Grand Opera; I Vespri sicilianidi Verdi ne sono un mirabile esempio, con le sue 3 ore e mezza, il grande sfoggio diarti diverse, brani sinfonici, esercizi canori variegati come in un’antologia liricacoeva, balletti e scenografie sontuose, apprezzabili anche nelle versioni prime nell’epoca, cioè dal 1855. Oksana Lyniv, anch’ella orgogliosa del suo essereoccidentale, ci dà un’interpretazione fortemente romantica dello spartito, coerentecon la tensione registica, e vagamente wagneriana: lo fa alla sua civilissima maniera,

in parte appropriata, in parte artisticamente voluta (onore al merito, c’è, e io la hoapprezzata davvero), in parte esaltata da un’acustica quantitativamente eccellente nelteatro novello in ogni punto, anche se forse accentuata da echi metallici e di cemento.

Non è grave per nulla, sono sfumature, che nel caso in questione stanno benissimo esono tranquillamente governabili da ogni bravo Maestro alla bacchetta, come so cheha fatto la delicata e potente ucraina direttrice musicale del Comunale di Bologna.

Occasione ghiotta per chi conosce l'estro e la eleganza tutta siciliana della regista:grande la classe del mezzogiorno di Palermo e Napoli, invidiata in tutta Europa finoalla afanisi dei Borboni, germogliata poi in tanta grande cultura italiana nata lì(Verga, Pirandello, Sciascia, Quasimodo, Tommaso di Lampedusa e, al di là dalloStretto, all’ombra del Vesuvio, De Filippo, Viviani, Totò, Caruso, Troisi, BenedettoCroce…) e decisamente apprezzabile il senso di rivincita che si trova nel lavoro dellaregista palermitana.

Le note di regia vanno interpretate, e intese in siciliano, anche se scritte nel miglioritaliano dello Stivale, che è certamente anche quello dei siciliani, bastino i nomisopra. Dico questo perché i Vespri sono ripresi come tema iconico di rivincita civile:Verdi, a metà ‘800, savoiardamente, dà loro il senso risorgimentale che vedeoppressori e oppressi, culture “italiane” a difendersi da stranieri, appoggiandosi un pòdi qua un pò di là (qui agli spagnoli, altrove ai francesi, poi anche agli inglesi, ecc.ecc.) fino ad avere la forza autonoma della propria identità nazionale e ancheistituzionale. La Dante attualizza con attenzione, puntando il dito più sul latoculturale che su quello socio-politico: infatti non tocca il tema Mafia nella scrittura disupporto, ma il tema Mafia attraversa il suo lavoro. Lo tratta con delicatezza e intuito,che è la base di una parola di civiltà siciliana in particolare, e che nasconde un doppiosenso: omertà. Che è sì comportamento di complicità silenziosa ma, come nel casodella Dante, con la eclatante presenza di imponenti banner con volti di martiri come igiudici Borsellino e Falcone (celebrati anche da alcuni spettacoli toccanti della registae attrice Maria Antonietta Centoducati), semplice riserbo assoluto, tacito sentimentodi commozione di fronte a una dimensione civile con molte accezioni, anche oltre aquelle palesi della guerra giudiziaria e di legalità: ad esempio, la meditazione tragicada “minuto di silenzio”.

Ciò detto, le scenografie mostrano qualche approssimazione, ricordata da Macciardinella sua aneddotica presentazione, dovuta alle condizioni tecniche del teatro chemise in crisi momentaneamente la collaborazione con la grande palermitana. Ma sonobellissime: si riconosce una “taglia” diversa, per altro palcoscenico, ma la loro poesianon ne soffre. L’uso dei segni siciliani, dai pupi, agli ori, ai segni di pesca e a quellidi storico arredo urbano palermitano della Fontana “della vergogna” con le sueaudaci statue di nudi, sono usati e dettati da un’eleganza speciale, che ricorda altrefinezze, come la bella gioielleria del siciliano Giovanni Aliotta, anch’essa condensatodi contenuto trinacri.

La Dante reinterpreta tutta la semiologia visiva, così importante nel teatro musicale ed’opera oggi, alla luce di un clamoroso teatro di figura, dove le marionette etnichenon sono mosse dall’uomo ma muovono l’uomo. Un colpo di genio, ad informarel’intero tessuto della sua regia: come nel teatro di figura si muovono le masse sulpalcoscenico, sorrette da clamorosi aspetti corali che quasi anticipano (di venti anni)la intensità del Requiem. Un “bravo!” al maestro del coro, Gea Garatti Ansini, e aMartino Faggiani del Regio di Parma, che hanno capito e fatto centro perfetto.

Le voci. Io dico adeguate, questo sabato 22 aprile pomeriggio.

Lo spettacolo è stato elevatamente delizioso, per nulla ridondante. Grande civiltàd’Italia, con Verdi, Emma Dante e lo sforzo impresariale del Comunale di Bologna,del Teatro Massimo di Palermo (ove la Prima ha entusiasmato), del San Carlo diNapoli e, perché no, anche del Teatro Real di Madrid. Perché siamo Italia ma ancheEuropa, nel cuore e in molto della storia: cari madrileni, lo sapete anche voi!

Sergio Bevilacqua è un sociologo dell'Arte che costruisce i suoi contributi con riferimento alla storia e dell'arte e all'estetica, ma con una specifica attenzione alla dimensione attuale dell'effetto artistico come fenomeno esteso e alle condizioni del sistema dell’Arte. Ha insegnato e operato in diverse Università italiane, promuovendo una nuova forma di sociologia, dal taglio clinico, appropriata anche alla critica d'arte, che si chiama Sociatria Organalitica, su cui ha svolto circa 50 anni di ricerca.

Pagina facebook: https://www.facebook.com/sergio.bevilacqua.it

Bologna
Pubblicato il 26/04/2023

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