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La mostra "Exposure. Arte, culture e moda dentro e fuori la vetrina", curata da Katya Inozemtseva e Sara Rizzo al MUDEC di Milano, invita a ripensare al ruolo del museo etnografico e a interrogare la nostra stessa relazione con gli oggetti del passato. La mostra verte sulla centralità degli oggetti che si trovano all’interno delle teche e sull’aura estetica che li caratterizza creando un collegamento con temi attuali e con problematiche urgenti. La vetrina non è infatti un mero contenitore, ma diventa uno strumento per veicolare messaggi e narrazioni.

Le teche dei nostri musei ospitano oggetti provenienti da culture e luoghi lontani. Questi oggetti, concepiti con funzioni, usi e valori specifici all'interno dei loro contesti originari, sono stati strappati via da questi ultimi con un gesto illegittimo e violento. Fenomeni come il colonialismo, hanno infatti sottratto questi oggetti alle loro culture d'origine, conferendo loro nuovi significati all'interno delle teche museali. Per portare l’attenzione sulla nostra responsabilità di ripensare alla storia attraverso questi eventi del passato, uno degli artisti in mostra, Theo Eshetu (1958) ha pensato di intervenire direttamente sulla collezione permanente capovolgendo alcuni oggetti nelle teche e infine con la video installazione chiamata Crocodile on the ceiling per porre l’accento sulla necessità di assumere un nuovo sguardo nel ripensare alla storia e al  museo stesso, le cui origini risalirebbero dalle  rinascimentali Wunderkammern. La riflessione sulla storia e sulla necessità di farne una lettura condivisa nel nostro immaginario contemporaneo diventa l’occasione per pensare alle odierne tecniche espositive degli attuali musei etnografici, ancora così legati alla vetrina, che inibirebbe tuttavia ogni valore e forza vitale dell’oggetto. Tra le varie sezioni della mostra, lo spettatore è invitato a riflettere sul ruolo della vetrina e sulla sua funzione separatrice tra ciò che è all’interno e ciò che è fuori, tra ciò che è pubblico e privato, trasformando così gli oggetti in oggetti del desiderio, al pari degli abiti esposti nelle leggendarie vetrine di Tiffany progettate da Gene Moore o degli allestimenti del designer Giancarlo Iliprandi realizzati dagli anni 50 per la Rinascente di Milano, di cui possiamo ammirare bozzetti in mostra. La mostra prosegue con interventi di artisti contemporanei come Damien Hirst e Mark Dion che offrono al pubblico uno sguardo ironico alla vetrina per ripensare a come decostruire il museo stesso, divenuto anch’esso un unico grande contenitore, una sorta di grande vetrina che include anche noi al suo interno. Alcune domande sorgono in noi passando da una sala all’altra. Perché i musei soprattutto etnografici dipendono ancora così tanto dalla vetrina come mezzo espositivo? Perché siamo così attaccati agli oggetti che contiene? Cosa accadrebbe agli oggetti se fossero liberi da questi confini? Qual’è oggi il ruolo dei curatori e dei conservatori? Questi sono parte dei grandi quesiti a cui la mostra ci pone davanti e che portiamo con noi dopo averla visitata. Per la prima volta, abbiamo l’occasione di vedere un museo che si interroga su sé stesso, sulla sua natura, sulle sue responsabilità e possibilità, e noi possiamo partecipare a questo racconto. La mostra necessita di pazienza e di occhi curiosi, pronti ad indagare noi stessi. Ci invita a riflettere sulla nostra realtà, sul valore degli oggetti che ci circondano e su quello che vogliono comunicare a noi oggi. Exposure non è solo una mostra, ma un invito a ripensare il museo come luogo di dialogo e di costruzione di nuove narrazioni contemporanee. Un'occasione per interrogarci sul potere degli oggetti e sul ruolo che la cultura può giocare nel nostro presente. L’offerta espositiva è arricchita da un ciclo di incontri e un podcast estendendo così la riflessione sul tema della vetrina.

Dal 1 Marzo fino all’8 Settembre 2024