Totò, l'arte l'umanita, mostra fotografica in Museo Mupac Colorno
Colorno
Ci sono personaggi schivi che rifuggono dai fotografi e altri così esuberanti da inseguirli. Totò, più semplicemente, davanti alla macchina fotografica ci stava con la stessa naturalezza con cui porgeva, improvvisandole, le sue battute più fulminanti. Non si metteva mai in posa e questo non è solo visibile nelle immagini che i reporter gli scattavano al di fuori della scena ma perfino in quelle che lo ritraevano sui set degli innumerevoli film di cui era indiscusso anche se non unico protagonista. Basta osservare questa bellissima serie di immagini provenienti dall’Archivio della Fondazione 3M per rendersi conto che con i fotografi, proprio come con i registi, stabiliva una tacita complicità. Il suo modo di porsi, le sottolineature dei gesti e delle espressioni gli provenivano dalla preziosa esperienza teatrale, soprattutto quello dell’avanspettacolo, una vera e propria scuola di vita che insegnava ad avere un rapporto diretto con il pubblico. Tutti i protagonisti di quella irripetibile stagione del cinema italiano del dopoguerra, d’altronde, lavoravano con una professionalità straordinaria accostando all’essenzialità dei mezzi tecnici l’intelligenza e l’acume non solo di registi e attori ma anche di sceneggiatori, scenografi, tecnici e, ovviamente, fotografi. Pur non essendo noti al grande pubblico, questi ultimi svolgevano una funzione fondamentale perché era attraverso le loro riprese scattate sui set che i film venivano conosciuti tramite le locandine e i manifesti. Così anche noi, di fronte a queste fotografie di scena, possiamo cogliere i vari aspetti della carriera del grande attore napoletano senza necessariamente soffermarci soltanto sulla comicità surreale di “Totò sulla luna” di Steno o a quella un po’ alla buona di “Totò, Peppino e la dolce vita” di Corbucci. Perché, se già Roberto Rossellini in “Dov’è la libertà?” aveva saputo valorizzare le capacità recitative dell’attore, Pier Paolo Pasolini lo avrebbe portato ai più alti livelli in “Uccellacci e uccellini” e in quel piccolo capolavoro poetico che è stato “Che cosa sono le nuvole”. Rendiamo quindi onore a grandissimi fotografi di scena e direttori della fotografia come Augusto Di Giovanni e Divo Cavicchioli per averci trasmesso immagini di Totò così intensamente espressive.
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