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Berceto - La battaglia del Manubiola 30 giugno 1944

Berceto - La battaglia del Manubiola 30 giugno 1944

La battaglia del Manubiola,  fu una grande vittoria dei partigiani, ma segnò la fine del Territorio Libero di Borgotaro - che si estendeva appunta a ovest del Manubiola fino ai confini liguri e piacentini. La battaglia fu provocata da un tentativo dei tedeschi di penetrare nel territorio libero, la repubblica di Borgotaro, appunto, non ci riuscirono e furono sconfitti al Manubiola. Poi il grande rastrellamento con gli eccidi e le deportazioni.RESOCONTO DELLA BATTAGLIA DEL MANUBIOLA NEI DOCUMENTI DEGLI ARCHIVI TEDESCHIDoc. 12) BA-MA, RW 4/v. 602OKW/WFSt, Messaggi del comandante in capo delle formazioni contro le bande (Chef der Bandenkampfverbände), 8 luglio 1944 (Battaglia del Manubiola, 30 giugno 1944)Due ufficiali e 72 tra sottufficiali e soldati di truppa del III battaglione del SS-Polizei-Regiment 12 con gli ufficiali e 25 uomini di una compagnia del genio ferrovieri attaccati presso la stazione di Berceto e quasi completamente annientati; rientrati un ufficiale e 14 soldati.BATTAGLIA DEL TORRENTE MANUBIOLA 30/6/1944.LE VITTIME CIVILI E LE RIPERCUSSIONI SULLA POPOLAZIONE DI BERGOTTO.Nel giugno 1944, tutta l'alta Valle del Taro, dai passi del Bocco e del Centocroci fino al torrente Manubiola, era presidiata dai partigiani, che avevano dato vita al "Territorio Libero del Taro".Il giorno 30 una colonna tedesca, forte di circa 150 uomini perfettamente armati, partiva da Berceto a bordo di autocarri con l'obiettivo di penetrare in territorio partigiano.I soldati vennero però bloccati da reparti della guerriglia. Sopravvalutando la forza dei reparti partigiani, i militari decisero di ripiegare. Prima di rientrare, prelevarono, come ostaggi, un gruppo numeroso di civili, per coprire la ritirata. Quando il convoglio giunse preso le scoscese rive del Manubiola, pochi chilometri sopra Ghiare di Berceto, venne improvvisamente attaccato dai partigiani del gruppo "Poppy", appostati sul lato opposto del torrente, che bloccarono nuovamente il procedere dei militari. In poco tempo giunsero da Borgotaro altri gruppi di ribelli, che attaccarono il nemico sul fianco e a tergo costringendolo alla resa.Quando i partigiani si avvicinarono ai camions sui quali erano giunti i tedeschi, scoprirono l'esistenza degli ostaggi. Tra i sopravvissuti alla sparatoria giacevano, infatti, i corpi privi di vita di Domenico Del Nevo (56 anni), Rosetta Del Nevo (11 mesi), Vittorio Gavaini (47 anni) e la suocera Gaetana Ralli, Attilio Levati (41 anni), Giuseppe Ruggeri (40 anni) Mario Salvanelli (85 anni), Giovanni Salvanelli (56 anni).La sconfitta subita al Manubiola, scatenò la rappresagli tedesca sulla popolazione di Bergotto, così come racconta il parroco del paesino, don Aldo Pettenati, in questa sua testimonianza: “Quando ho saputo cosa era successo sono andato giù, volevo assistere i feriti, ecc. E’ stata una cosa terribile ed era da aspettarsi la rappresaglia alle case più vicine al luogo dell’attacco; rappresaglia che giunse puntualmente dopo qualche giorno. Io mi sono detto: “Ormai sto qui in canonica, non scappo più via”, perché non me la sentivo più di scappare. E così mi sono fatto prendere in canonica... Al mattino sono venuti giù una decina di tedeschi, hanno preso su delle cose dalle case... quello che trovavano insomma. Hanno caricato dei muli e io, mi ricordo ero in chiesa, mi sono messo a pregare... sono entrati anche in chiesa e mi hanno visto lì... ma non mi hanno detto niente... Dopo pranzo sento una sparatoria lì vicino.., era un altro attacco partigiano sempre all’altezza del Manubiola... Lì sono morti quattro tedeschi e due sono rimasti feriti, era un attacco locale. Dopo poche ore la rappresaglia... vengono giù i tedeschi armatissimi e bussano a tutte le case... le case del paesino di Bergotto... chiamano fuori tutta la gente e bruciano quasi tutto... tranne la chiesa. In casa non c’era rimasto più nessuno: le donne con i bambini in braccio erano fuori, mentre gli uomini erano scomparsi. Quando ho sentito sparare sono uscito dalla canonica e c’erano lì due soldati all’ingresso. Uno era certamente italiano, perché c’erano tedeschi e italiani, dei bersaglieri. Mi hanno fatto uscire, sono andati dentro... hanno cominciato a buttare giù l’armadio e tutto quanto per aria e quando ho visto che bruciavano le case allora ho detto: “Qui devo almeno salvare qualche cosa anche dell’archivio parrocchiale” ...Allora ho detto ad un tedesco che avrei voluto portare fuori dei registri dalla parrocchia... Lui mi ha fatto parlare con un italiano e lui ha tradotto e ho avuto il permesso di andare in canonica dove non avevano ancora incendiata... accompagnato da due soldati. Ho preso un po’ di registri dell’archivio, non tutti.., c’era un bell’archivio, un pacco così, e li ho portati fuori e messi dietro una siepe, e ho dato dei registri ad una signora che restava e le chiesi se me li poteva salvare, anche perché, io pensavo che non sarei più tornato a casa; le ho dato anche il mio orologio... Poi siamo partiti a piedi per Berceto... eravamo io e tre donne... perché, proprio tre non lo so, è vero che al Manubiola ci avevano lasciato quattro morti ma non credo c’entri. Io ero condannato a morte. Sono rimasto in prigione a Berceto due notti e un giorno, nel seminario trasformato in carcere. La seconda sera un soldato mi fa: “A Bergotto nostri camerati kaputt! Domani fucilazione!” Ho bussato alla porta fino a quando mi hanno aperto:“Io non voglio morire e soprattutto voglio sapere perché...”, ma non mi hanno risposto, solo “Domani alle quattro kaputt”.Alle quattro puntuali ci vengono a prendere, ci fanno andare al Poggio; lì un comandante, come ci ha visto, arrabbiatissimo, ci chiede: “Voi Bergotto?” Noi “sì”.“Ah Bergotto kaputt!” C’era una delle donne che ha voluto parlare: “Noi siamo innocenti”“Ah, voi sempre innocenti, tutti innocenti.., quattro nostri uccisi”.Ci ricaricarono per portarci sulla Cisa dove facevano le esecuzioni, così si diceva. Una delle donne, la più anziana, al momento di partire sviene e la lasciano lì. Le due macchine invece prendono la strada per Parma... ci porteranno in Germania, pensiamo. Ma restiamo sempre in silenzio. Quando arriviamo a Fidenza, le auto svoltano in direzione Tabiano, dove c’era il comando generale.Una volta arrivati, per primo chiamano me. Questo comandante... anche gentile... mi chiamava pastore... mi ha fatto sedere, cosa che fino a quel momento nessuno aveva fatto; non mi avevano picchiato ma comunque... mi avevano strattonato, avevo dovuto caricare casse di armi su un camion, cibo non ne avevo visto, così. Mi ha chiesto chi ero. Lui doveva essere cattolico e mi ha detto: “Io conosco il vescovo di Parma”. Penso sia stato lui a salvarmi… certo io non ero partigiano, non ero tagliato e poi ero a Bergotto da poco. Tanti lo erano, mio fratello era con i partigiani e altri, anche sacerdoti, ma io non ero tagliato... Partigiani erano tanti... quasi tutti i nostri giovani, non tutti c ‘erano come idea, era anche per non andare sotto le armi coi tedeschi... Quando mi ha lasciato andare mi ha detto: “Vai dal vescovo a Parma e non tornare a Bergotto” anche perché era iniziato un grosso rastrellamento. Loro nel frattempo avevano incendiato Lozzola e poi su per la Valle del Taro.Noi sacerdoti abbiamo compiuto un’opera veramente.., importante..., io personalmente ho fatto poco… ma eravamo lì per aiutare i partigiani se non combattendo almeno per proteggerli, raccoglierli in casa, in canonica... perché, spesso venivano dei giovani in canonica.. questo dopo che sono ritornato a Bergotto... dopo il rastrellamento. Perché, dopo essere stato liberato sono passato da casa e sono poi andato in seminario dove ho trovato altri sessanta sacerdoti, tutti rastrellati come me. Ognuno raccontava la sua storia.., e io ho raccontato la mia. Ne ho sentite tante... qualcuno era ferito, qualcuno era stato picchiato ma della diocesi di Parma nessuno venne ucciso, mentre invece in quella di Piacenza sì. L’unico di Parma fu Italo Subacchi, preso a Bardi. Tanto che qualcuno ha detto che il vescovo Colli aveva fatto molto per salvare i sacerdoti di Parma […].La popolazione è rimasta comunque sempre favorevole ai partigiani... la gente era compatta, diceva. “I partigiani devono cacciare via i tedeschi, devono combatterli... A Bergotto l’unico odio era contro quelle poche persone che si dicevano fascisti... specialmente se erano sospettate di fare la spia... quello sì. Hanno anche ucciso una donna... dicevano che avesse messo fuori delle lenzuola come segnale per i tedeschi che erano lì a Berceto... ma io non so. E’ stata l’unica cosa cattiva che è accaduta, dopo la guerra...”.M. Minardi, Guerra sui monti. Guerra e resistenza nell’Appennino Parmense in Guerra, guerriglia e comunità contadine in Emilia Romagna 1943-1945, RS Libri, Reggio Emilia, 1999, pp. 44-4

foto  Cippo commemorativo della Battaglia del Manubiola

 

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